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Dal Mobile-First all’AI-First: un nuovo capitolo per il design di web e app

mobile first ui

Pubblicato il 30/10/2025

Negli ultimi anni il design digitale ha attraversato una trasformazione radicale. Dopo l’epoca del desktop-first e la rivoluzione del mobile-first, stiamo entrando in una nuova fase che potremmo definire AI-first.

Non si tratta semplicemente di integrare qualche funzione intelligente o un chatbot. È un cambiamento molto più profondo: ripensare l’interfaccia stessa come un sistema vivo, capace di adattarsi, apprendere e collaborare con l’utente.

Da dove arriviamo

Chi ha vissuto l’era del web dei primi anni 2000 ricorda bene cosa significava progettare in chiave desktop-first. Tutto ruotava attorno allo schermo grande: layout fissi, pixel-perfect, zero adattabilità. I siti erano strutture rigide, costruite per un solo contesto d’uso.

Poi è arrivato il mobile.

Con smartphone e tablet si è imposta una nuova priorità: la flessibilità. Il responsive design ha cambiato per sempre il modo di pensare le interfacce, e il mobile-first è diventato la regola. Progettare per lo schermo piccolo, curare la leggibilità, ridurre al minimo il superfluo: queste sono state le parole chiave di un decennio di evoluzione.

Questo approccio ha insegnato a tutti noi quanto sia importante l’esperienza utente, la performance, la semplicità. Ma oggi, mentre l’intelligenza artificiale entra sempre più nei flussi di lavoro e nei prodotti digitali, ci rendiamo conto che il mobile-first non basta più a descrivere dove sta andando il design.

Cosa significa progettare AI-first

Il design AI-first nasce da una domanda diversa:

come può un’interfaccia collaborare con l’utente invece di limitarsi a rispondere ai suoi comandi?

L’AI-first non mette la tecnologia al centro, ma la relazione fra l’utente e un sistema che sa interpretare, anticipare e adattarsi. È un modo di progettare dove machine learning, automazione e personalizzazione in tempo reale diventano elementi strutturali, non accessori.

Alcuni principi che lo definiscono chiaramente:

  • Human-centric: l’intelligenza artificiale potenzia le capacità umane, non le sostituisce.
  • Data-driven: le decisioni di design si basano su dati e comportamenti reali.
  • Goal-oriented: l’interfaccia guida verso obiettivi concreti, aiutando l’utente in modo proattivo.
  • Adattiva: la UI cambia nel tempo, in base al contesto e all’esperienza accumulata.
  • Collaborativa: designer, sviluppatori e data scientist lavorano insieme per costruire esperienze coerenti.

In pratica, non è più l’utente a imparare come usare l’interfaccia: è l’interfaccia che impara dall’utente.

aws mobile ai first comparing

(credits: aws )

Esempi e primi esperimenti

Molti prodotti che usiamo ogni giorno hanno già integrato elementi AI-first, anche se non sempre ce ne accorgiamo.

Le raccomandazioni predittive di Amazon o Spotify, gli assistenti di scrittura di Notion o Google Docs, le UI che si adattano in tempo reale al comportamento dell’utente: sono tutti esempi di interfacce che apprendono e reagiscono.

Nel mondo del design, stiamo assistendo a una rivoluzione parallela. Strumenti come Uizard, Galileo AI o Stitch di Google generano layout e prototipi partendo da prompt testuali o immagini. I builder generativi permettono di passare da idea a interfaccia funzionante in pochi minuti, lasciando al designer il ruolo di orchestrare piuttosto che disegnare ogni dettaglio manualmente.

Queste non sono più curiosità tecnologiche. Sono segnali di un futuro in cui la UI non sarà più un prodotto finito, ma un ecosistema che evolve.

Le sfide che il design AI-first porta con sé

Questo nuovo approccio non è privo di difficoltà.

Ogni volta che spostiamo il baricentro verso sistemi intelligenti, emergono nuove responsabilità e complessità.

  • Dati e qualità: l’AI funziona solo se la base dati è solida, pulita e rappresentativa.
  • Trasparenza: gli utenti devono capire perché l’AI suggerisce certe azioni o scelte.
  • Controllo umano: serve un equilibrio tra automazione e libertà d’interazione.
  • Bias e inclusività: un algoritmo non neutrale può escludere, distorcere, creare sfiducia.
  • Affidabilità tecnica: la stabilità dei modelli e la gestione degli errori sono parte del design stesso.
  • Nuove competenze: prompt engineering, data design e interpretazione dei modelli diventano abilità centrali per i designer.

Il design AI-first è più complesso, ma anche più umano. Ci costringe a guardare dentro i meccanismi che guidano l’esperienza, e a rendere visibile ciò che prima era nascosto nel codice.

Dalla logica mobile alla logica intelligente

Il passaggio non è netto, ma progressivo.

Il mobile-first ha insegnato l’essenzialità, la chiarezza, la gerarchia visiva. L’AI-first riprende questi principi e li spinge oltre, rendendoli dinamici.

Dove prima ottimizzavamo per la dimensione dello schermo, ora ottimizziamo per il contesto e l’intenzione.

Dove prima personalizzavamo tramite settaggi manuali, ora l’interfaccia si modella sui comportamenti e sulle abitudini.

Dove prima l’utente navigava, ora dialoga.

È un cambiamento silenzioso ma profondo, che riscrive anche i ruoli: il designer diventa sempre più stratega dei comportamenti, il developer costruisce logiche di adattamento, e i dati diventano materiali di design.

Le prossime sfide del design intelligente

Ci sono alcune linee guida che, secondo me, chi si occupa di design per web e app dovrà abbracciare nei prossimi anni:

  • Trasparenza come feature, non come nota a piè di pagina.
  • Etica e privacy integrate sin dalla progettazione.
  • Design inclusivo per evitare bias e distorsioni.
  • Sostenibilità dei modelli AI, in termini di energia, dati e mantenibilità.
  • Esperienze evolutive, in cui l’AI impara davvero con l’utente.

Non sono solo buone pratiche: sono la base per costruire fiducia in un mondo dove le interfacce prendono decisioni.

Conclusioni

Il passaggio da mobile-first a AI-first non è un salto improvviso, ma una trasformazione inevitabile.

L’interfaccia non è più solo responsiva: è intelligente, predittiva, collaborativa.

Progettare UI per questa nuova fase significa accettare che il design non si ferma più al layout: entra nei dati, nei modelli e nel modo in cui la macchina capisce le persone.

Serve pensare agli obiettivi prima delle funzioni, alla trasparenza prima della sorpresa, e all’etica prima dell’automazione.

Sarà un percorso lungo, ma entusiasmante.

Proprio come il passaggio da desktop a mobile ha ridefinito un’epoca, l’AI-first sta aprendo quella successiva — una in cui le interfacce non si limitano a rispondere, ma imparano, crescono e ci accompagnano.

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