Sarion: la sfida dei workflow

Pubblicato il 18/09/2025
Negli ultimi mesi ho lavorato intensamente su Sarion, il mio progetto di assistente personale basato su Next.js, Mastra AI e Gemini 2.5. All’inizio era un’idea sperimentale, una sorta di “sandbox” per testare la potenza delle nuove tecnologie di agenti intelligenti. Ma con il tempo, la complessità del sistema è cresciuta al punto che un unico agente principale con un prompt centrale non era più sufficiente.
Per questo motivo ho deciso di sviluppare una serie di workflow dedicati e di agenti secondari, ciascuno con obiettivi e strumenti limitati, così da alleggerire l’agente principale da compiti troppo eterogenei e mantenere ordine, scalabilità e controllo.
Perché proteggere l’accesso al database
Un principio chiave che ho adottato è quello di non fornire all’agente principale accesso diretto al database. L’IA non può scrivere query SQL autonome né interrogarlo liberamente. Tutte le interazioni devono invece passare attraverso funzioni limitate e strettamente controllate.
Questa scelta si è rivelata lungimirante per almeno due motivi:
- Sicurezza: impedisce che un errore di ragionamento dell’agente produca query distruttive, come ad esempio un `DELETE` senza condizioni.
- Affidabilità: mantiene omogenea la struttura dei dati ed evita query “creative” che potrebbero diventare difficili da monitorare o riprodurre.
Un esempio concreto: se l’utente chiede “mostrami le ultime note”, l’agente non costruisce la query da sé, ma utilizza una funzione predefinita con parametri chiari. Questo riduce rischi di iniezioni, bug e inconsistenze.
I principali workflow di Sarion
Per gestire la complessità, ho suddiviso Sarion in quattro grandi tipi di workflow:
- Workflow CRUD
Sono i più semplici. Quando l’agente principale riconosce un’operazione di tipo create, read, update o delete (ad esempio aggiungere, modificare o cancellare una nota), non si occupa direttamente della logica, ma delega al workflow CRUD. Questo garantisce che operazioni banali restino isolate, veloci e sicure.
- Workflow organizzativi
Quando si tratta di strutturare informazioni più articolate, l’agente principale delega al workflow organizzativo. Questo primo recupera i dati necessari e li passa a un agente specializzato che lavora con tool limitati e un prompt dedicato. È un passaggio in due fasi che riduce errori e mantiene chiara la responsabilità di ogni componente.
- Workflow di pianificazione
È il più complesso e anche uno dei due workflow ciclici. Qui l’agente raccoglie informazioni, stila un piano, lo rivaluta con suggerimenti iterativi e cicla fino a tre volte prima di confermare il risultato finale. Questa struttura garantisce pianificazioni più approfondite senza cadere nel loop infinito.
- Workflow di creazione task
Questo workflow analizza un task richiesto dall’utente e si chiede: “può essere suddiviso in sotto-task?”. Se sì, continua a ciclarlo fino a che non ottiene attività atomiche e ben definite. È un approccio fondamentale per rendere le cose eseguibili e concrete, invece che vaghe istruzioni generali.
Perché tanti workflow invece di un solo agente super-dotato
Si potrebbe pensare di lasciare tutto in mano a un singolo agente con un prompt mastodontico e l’accesso a tutti i tool. In realtà questa soluzione, che può sembrare più rapida all’inizio, diventa ingestibile in produzione.
Ecco perché la mia scelta va nella direzione opposta:
- Controllabilità: meno tool a disposizione di un agente significano meno margini d’errore e decisioni più prevedibili.
- Scalabilità: possiamo migliorare ogni workflow senza rischiare di rompere l’intero sistema.
- Best practice: suddividere le responsabilità è una regola d’oro sia in architettura software sia nel design di agenti intelligenti. È lo stesso principio della single responsibility applicato al mondo dell’IA.
Un agente con “troppi poteri” rischia di diventare opaco, ingestibile e difficile da debuggare. Invece, delegando e strutturando processi, ogni parte del sistema resta chiara, intercambiabile e meglio testabile.
Conclusioni
In conclusione, il percorso di Sarion dimostra che la vera sfida nella creazione di un assistente IA non è tanto farlo funzionare, ma mantenerlo affidabile, sicuro e controllato nel tempo. La strada dei workflow dedicati e del principio “meno libertà, più responsabilità mirata” si sta rivelando la scelta vincente.
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